Childhood’s fav: ”A Tale of Plastic Bread / Memorie d’infanzia: “Pane di Plastica”

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They are locked in everyone’s memory. In the most secret recesses of one’s mind here they lie, soft and sweet, our childhood’s favourite meal or just one magic ingredient. Romantic candy floss, sticky caramel mou sweets, grandma’s special pasta sauce, mummy’s comforting meatballs, pick what you may but you cannot run and you cannot hide.Every bite seems like the first one, an epiphany to your taste buds, a conveyor of images from your early life in this world, loved, cared, nurtured.

Unromantical and not quite a gourmet’s choice, I strip myself from all hypocrisy and reveal my own guilty pleasure. Plastic bread. Heavenly, soft like a cloud, enriched with an abundant layer of butter, firmly pressed onto salt and vinegar crisps. I am transported to my uncle’s house in York, Christmas family reunion, dangerously playing with matches on the carpeted stairs, longing for a sandwich. Leicester cheese or crisps, what should I choose? With the other wee ones of the family we courageously make it to the kitchen, eluding our parents control, and make it to the precious ingredients. At least to me, poor Swiss girl living in the land of proper bread, plastic bread was a sort of an exotic delicacy, stuffing my face with it at every given occasion in the fear I wouldn’t come back to England any time soon. We would always bring some back home, with the usual stock of Heinz tomato soup and baked beans (oh god bless the tins, our savior to many cold lazy evenings!). After 25 years most of these British “delicacies” are available in many stores, from Heinz products to the much craved Pringles, but nothing compares to British plastic bread. Obviously being more concerned about the food I eat at 32 than I was as a 6 year old (especially when it’s up to bread) I was quite pleased to find a recipe on Cucinare a ritmo di blues that almost tastes like proper plastic bread. Even though this may not be a daily bases choice for my diet (not too much into eating bread that contains sunflower oil) I found the result very nice and promised myself I must do some experimentation with this water roux technique. This bread is heavenly soft and keep for days.

Plastic Bread

For the Water roux
30 gr pastry flour
150 gr water

mix thoroughly flour and water cook the mix at medium heat until it thickens. Take a look at DessertzHouse’s video if you want to have a quick and exact reference Let the mix cool

For the dough
240 gr pastry flour
240 gr strong flour
120 gr lukewarm milk
130 gr water
40 gr sunflower oil
20 gr powdered malt
10 gr fresh yeast/3 gr dried yeast
8 gr salt
130 grWater roux

Mix milk, water, yeast and malt. Add slowly the sifted flours, when the mix starts to come together add water roux. Add salt and oil. Stretch out the dough and fold it in three. Cover with cling film and rise until doubled. Stretch once again and fold. Rest 30′. Roll the dough to fit in your bread tin (I used a 25×10 cm one) and let to rise until doubled, covering with cling film or a tea towel. Preheat the oven at 190°C and bake for 30′. After baking let it cool wrapped in a tea towel. The bread keeps several days.

Did I mention I really felt the urge to eat the bread proper British working class style? Thanks to Felicity Cloake’s column on The Guardian I even managed to poach perfectly one of my two eggs (major goal).

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 Memorie d’infanzia: “Ricordo Pane di Plastica”

Sono impressi nella memoria di tutti noi. Nascosti nei cassetti più segreti della nostra mente, riposano quei piatti, quegli ingredienti che fanno parte della nostra educazione emotiva e culinaria. Romantiche nuvole rosa di zucchero filato, appiccicose caramello mou, il sugo della nonna, le polpette di mamma, carezza calda e confortante. Quale sia la vostra scelta d’elezione non potete sfuggirvi. Ogni assaggio è come fosse la prima volta, un’epifania di gusto che scatena il carosello di immagini della vostra infanzia.

Scevra da ogni romanticismo e vanto gourmand qui mi spoglio da ogni ipocrisia e rivelo il mio cibo feticcio. Il pane di plastica. Un paradiso di fette morbide come nuvole, grandi come una mano, esageratamente confezionate in enormi buste di plastica. Spalmate con un abbondante velo di burro e richiuse su una manciata di patatine all’aceto. Ė Natale e sono a casa degli zii a York, seduta sugli scalini ricoperti di moquette dove troppo spesso sono stata sorpresa a giocare con enormi scatole di fiammiferi. Il rito dei piccoli della casa consisteva nello sfuggire dal controllo parentale per appropriarsi della cucina per pantagrueliche mangiate di panini. La scelta era ridotta a due opzioni (ah la monotematicità infantile!): Lester cheese (formaggio arancione tendenzialmente plasticoso) oppure patatine chips. Ma il pane, oh il pane! Immaginatevi me, la piccola Heidi che viveva in una paese dove il pane era genuino, tutta quella plasticità (ammetto probabilmente avrei potuto giocarci tipo pongo) quella morbidezza. Il pane di plastica era diventato una specialità esotica, con il quale non mancavo di abbuffarmi ad ogni occasione, probabilmente nella paura di non poter tornare presto in Inghilterra, unico lido felice dove assaggiare questa prelibatezza. Immancabilmente una confezione veniva messa in valigia accanto ad altre specialità quali la zuppa di pomodoro e i fagioli in salsa prodotti dalla Heinz (alimento ripiego di elezione durante le più pigre sere d’inverno). 25 anni dopo la globalizzazione mi permette di poter comprare questi prodotti, dalle conserve della Heinz a quella droga in tubetto che reca il nome di Pringles, anche in svizzera, ma niente può eguagliare il pane di plastica britannico. Con l’età adulta ho cominciato a preoccuparmi di più di quello che mangio, con un occhio di riguardo al pane, perciò sono rimasta piacevolmente sorpresa dell’esito di questa ricetta trovata su Cucinare a ritmo di blues. Anche perché il risultato è molto simile all’originale pane di plastica. Va da sé che non introdurrei mai questo tipo di pane nella mia dieta quotidiana (non sono troppo entusiasta all’idea di mangiare spesso pane che contiene olio di semi) ma il risultato è molto gradevole e mi sono ripromessa di sperimentare con questa nuova tecnica, il water roux. Il risultato è un pane molto morbido che si mantiene fresco per parecchi giorni.

Pane di plastica

Water roux
30 gr Farina 0
150 gr Acqua

Mescolate acqua e farina senza formare grumi Cuocere il composto per qualche minuto fino a che si addensa e gelatinizza. Trovate un buon riferimento visivo passo per passo a questo thread su cookaround. Raffreddare il water roux.

Impasto
240 gr Farina Manitoba
240 gr Farina 0
120 gr Latte
130 gr Acqua
40 gr Olio di arachidi
20 gr Malto
10 gr Lievito birra fresco/ 3 gr lievito di birra istantaneo 8 gr Sale
130 gr Water roux

Mescolare acqua, latte, lievito e malto. Aggiungere le farine setacciate poco alla volta e aggiungere il water roux quando iniziano a legare. Aggiungere il sale e alla fine l’olio. Stendere l’impasto e dare una piega a tre. Coprire con pellicola e farlo lievitare finché raddoppia. Riprendere l’impasto e dare un’altra piega a tre. Farlo riposare 30minuti. Arrotolare l’impasto di modo che entri nel proprio stampo (io ho usato un pyrex di circa 25×10 cm) e fare lievitare coperto fino al raddoppio. Cuocere in forno preriscaldato a 190°C per 30′. Raffreddare il pane coperto con un canovacci. Si mantiene fresco per diversi giorni.

Ho omesso di dire che tutto è nato dall’irrefrenabile desiderio di gustare un tipico pasto stile “classe operaia britannica”, ovvero pane tostato con fagioli in salsa di pomodoro e uova in camicia. E finalmente in 32 anni di vita sono riuscita a cuocere un perfetto uovo in camicia, rubrica di Felicity Cloake su The Guardian, queste si che son soddisfazioni!